L’Ultima Chance
Genova, anni 90-91. Il prestigioso Istituto S.Ignazio di Loyola dei Padri Gesuiti è in agonia. Nella speranza di venire a capo di una crisi economica e di identità che sembra inarrestabile il rettore convoca una riunione straordinaria nel corso della quale chiede ai genitori degli alunni di aiutarlo a far luce sulle cause della “grave malattia” che affligge la scuola. L’invito cade nel vuoto e malgrado il gesuita assicuri che gli interventi rimarranno coperti da anonimato, le bocche si mantengono cucite per paura che le eventuali critiche giungano all’orecchio dei professori e si ritorcano sui figli. Una sola madre, Flavia, rappresentante della Prima Scientifica, espone con chiarezza il suo pensiero risalendo alle motivazioni che a suo giudizio stanno a monte del preoccupante calo di iscrizioni.
A giugno il figlio della donna, Eugenio, viene bocciato.
Il marchio di ripetente brucia e ragazzo decide di tentare i due anni in uno e recuperare l’anno ma quando comprende che la posta in gioco non è tanto l’Idoneità alla Terza Scientifica ma un tipo di Idoneità che rilascia solo la vita, in sintesi la sua patente d’uomo, entra in crisi e fugge da casa.
La vicenda di Eugenio si intreccia a quella di Tomato, un barbone violinista dai capelli rossi che ha scelto la vita di strada per affrancarsi dal mito della madre del quale è prigioniero. Tomato è lo specchio inquietante di ciò che Eugenio, in bilico sul crinale di scelte esistenziali alternative, potrebbe diventare.
“L’Ultima Chance” narra di un adolescente imprevedibile e genoano alla ricerca di se stesso e di un “homeless” irrequieto che considera la famiglia la forma di condizionamento più subdola che esista. Narra anche di una scuola alla cui dottrina hanno attinto le menti più brillanti della classe dirigente ligure e di una madre, Flavia, che nell’ostinata volontà di riscatto per la bocciatura del figlio ricerca inconsciamente il proprio riscatto a una traumatica esperienza vissuta nell’infanzia.
Sullo sfondo di una Genova decadente i temi della famiglia, dell’adolescenza, della scuola, sono trattati da un punto di vista maledettamente di parte: quello dei giovani. Nella convinzione che la grandezza dell’essere non risiede nella sua perfezione ma nella sua umanità.